CAMMINO PER LA PACE PER LE VIE DI PADOVA

Partenza Bastione Alicorno

Il nostro cammino di pace quest’anno inizia da uno dei tanti bastioni della nostra città: il Bastione Alicorno. Questo bastione fu costruito in epoca medievale a scopi difensivi e fu più volte modificato e ricostruito. Fa parte della cinta fortificata realizzata tra il 1515 e il 1523. Il suo nome deriva dal latino alius cornio che significa altro fiumicello.

Durante la seconda guerra mondiale sotto le strade e le piazze cittadine sono state ricavate numerose strutture per ospitare la popolazione; alcuni rifugi sono stati creati adattando porte e bastioni delle mura cinquecentesche. Anche il bastione Alicorno fu meta di rifugio per civili che cercavano scampo dai bombardamenti.

La storia ci consegna in particolare la strage di duecento persone rimaste intrappolate nel Bastione “Raggio di Sole” durante un bombardamento aereo della città l’8 febbraio del 1943 e l’eccidio consumato nel Bastione della Gatta l’11 novembre del 1916 a causa di un bombardamento aereo e che provocò una tale ondata di indignazione a livello mondiale che per alcuni mesi i bombardamenti austriaci contro obiettivi non strettamente militari furono sospesi.

Questa fortezza oltre a ricordarci le vittime e le distruzioni causate dalle ripetute guerre di una storia senza memoria, ci sprona a rifiutare le logiche di un ordine politico e sociale fondato sulla difesa dall’altro inteso come nemico. Ogni costruzione di muri è una regressione di civiltà. La guerra, come diceva Gino Strada, non è mai la soluzione ma sempre il problema.

È nostro dovere adoperarci instancabilmente per allargare gli orizzonti culturali, costruire fiducia reciproca e accoglienza, per garantire una pace che non è solo assenza di conflitto. Dobbiamo educare le coscienze alla libertà, affinché non restino suddite della logica della forza e della prevaricazione, che legittima la competizione fino allo scontro bellico. Ci impegniamo a promuovere la cultura della pace, la prassi del dialogo e del disarmo.

Dalla lettera di don Milani in risposta ai cappellani militari in congedo della Toscana, che avevano definito l’obiezione di coscienza “un insulto alla patria e ai suoi caduti, estranea al comandamento cristiano dell’amore, espressione di viltà” 

 “Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L’obbedienza a ogni costo? E se l’ordine era il bombardamento dei civili, un’azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l’esecuzione sommaria dei partigiani, l’uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l’esecuzione d’ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni, una guerra di evidente aggressione, la repressione di manifestazioni popolari?

Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all’obiezione che all’obbedienza. L’obiezione in questi cento anni di storia l’han conosciuta troppo poco. L’obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l’han conosciuta anche troppo 

[don Milani – L’ OBBEDIENZA NON È PIÙ UNA VIRTÙ – 1965]

  

Lungo il tragitto non faremo soste, ma vi invitiamo a posare la vostra attenzione su tre luoghi: l’albero della pace lungo la passeggiata dei Nobel, il mausoleo dei caduti in Russia e il giardino intitolato a Perlasca.

Passeggiata dei Nobel

La “passeggiata dei Nobel” si trova lungo via Pio X ed è segnata da diciassette alberi, che ricordano il passaggio nella nostra città di personalità insignite di un premio Nobel. Questa tradizione ebbe inizio nel 2008 e continua tutt’oggi.

A pochi passi dal bastione Ghirlanda una targa indica il platano piantato il 19 marzo 2013 in presenza di Adolfo Perez Esquivel premio Nobel per la pace. Perez Esquivel negli anni sessanta collaborò con i pacifisti cristiani latinoamericani. Nel 1974, lasciò l’insegnamento per dedicarsi alla lotta contro le ingiustizie sociali, nella prassi della non-violenza. Contribuì alla formazione di “El Ejercito de Paz y Justicia” un’associazione di difesa dei diritti umani per l’assistenza delle famiglie delle vittime del regime. Fu più volte arrestato in Brasile, in Ecuador e in Argentina. Nel 1980 viene insignito del Premio Nobel per la pace per i suoi sforzi contro la dittatura ed in favore dei diritti umani, e nel 1999 riceve il Premio Pacem in Terris assegnato dalla Chiesa cattolica a chi si distingue nella pace e nella giustizia, non solamente nel proprio paese ma nel mondo. 

 

«Quando l’umanità sarà progredita spiritualmente, la guerra verrà catalogata accanto ai riti cruenti, alle superstizioni della stregoneria e dei fenomeni di barbarie»

[I. Giordani, L’inutilità della guerra, Città Nuova, Roma 1953- (2003), pag. 9]

 

Monumento ai caduti in Russia

Fra il torrione Alicorno e il ponte Saracinesca, sorge il piccolo torrione Ghirlanda a forma semicircolare pensata per l’uso dell’edificio come postazione di tiro.   

Sulla sommità è posizionato un monumento eretto negli anni ‘50 a ricordo dei caduti e dispersi in Russia durante la seconda guerra mondiale. A seguito dell’operazione Barbarossa, nome in codice dell’invasione dell’Unione Sovietica da parte della Germania nazista e di alcune altre potenze dell’Asse, iniziata il 22 giugno 1941, anche l’ITALIA venne coinvolta con un corpo di spedizione di truppe alpine di 220.000 uomini.

L’armata italiana male armata e inadeguatamente equipaggiata venne quasi completamente annientata. La metà dei soldati italiani venne massacrata o cadde prigioniera e nella tragica ritirata moltissimi morirono di stenti.

«La guerra non è voluta dal popolo; è voluta da minoranze alle quali la violenza fisica serve per assicurarsi vantaggi economici o, anche, per soddisfare passioni deteriori»

[I. Giordani, L’inutilità della guerra, Città Nuova, Roma 1953- (2003), pag. 9]

Giorgio Perlasca

Proseguendo ancora si trova l’entrata di un giardino pubblico intitolato a Giorgio Perlasca, cittadino padovano benemerito, elencato tra i “giusti” di Gerusalemme per aver salvato la vita di centinaia di ebrei durante la persecuzione nazista in Ungheria nel 1943-44. Giorgio Perlasca di origini comasche, in gioventù aderì al fascismo e nel 1937 prese parte come volontario alla guerra civile di Spagna, a fianco dei franchisti. Rientrato in Italia, si distanziò dal fascismo, in particolare a causa dell’alleanza con la Germania e delle leggi razziali del 1938. Al punto tale che chiese e ottenne una licenza militare indeterminata e decise di lasciare l’Italia, occupandosi di attività commerciali. Il giorno dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati (8 settembre 1943), Perlasca si trovava a Budapest e si rifiutò di aderire alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.  

Per questo motivo si trovò a essere ricercato dai tedeschi. Dopo  un’iniziale fuga, fu arrestato e internato. Successivamente riuscì a fuggire  e cercò rifugio presso l’ambasciata spagnola. Ottenne una cittadinanza  fittizia e si impegnò nell’opera di protezione degli ebrei che non potevano  uscire dalle case protette. Dopo la partenza dell’ambasciatore, si spacciò  per il legale sostituto e si trovò a gestire la sopravvivenza di migliaia di  ebrei. Perlasca rilasciò migliaia di finti salvacondotti che conferivano la  cittadinanza spagnola agli ebrei. Grazie alla sua opera oltre cinquemila  ebrei furono direttamente salvati dalla deportazione.  

                               

“L’odio è guerra, la guerra è miseria, e la miseria genera odio, che porta  alla guerra: la morte genera morte. Non sarebbe tempo di pensare a  vivere?”           

[I. Giordani, Disumanesimo, Morcelliana, Brescia 1949, Città Nuova, Roma (2007), pag. 9]

ARRIVO Basilica di Santa Giustina                                                                            

Basilica dedicata alla compatrona di Padova, martirizzata sotto la domi- nazione dell’imperatore Diocleziano. L’intero complesso della basilica è di  proprietà statale e su buona parte del monastero insiste ancora l’Esercito  Italiano. Da questo sagrato torniamo a fare appello alla nostra coscienza  con le parole tratte dalla lettera di don Milani ai giudici.  

 “Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio di cor- responsabili diretti: politici, scienziati, tecnici, operai, aviatori. […]    A dar retta ai teorici dell’obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell’assas- sinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler. Ma Hitler era irre- sponsabile perché pazzo. Dunque quel delitto non è mai avvenuto perché  non ha autore. C’è un modo solo per uscire da questo macabro gioco di  parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per  cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto. A questo patto l’umanità potrà dire di aver avuto in questo secolo un progresso morale parallelo e proporzionale al suo progresso tecnico.”

[don Milani, Dalla lettera ai giudici-ottobre 1965]

 

Testimonianze 

Marco Operazione Colomba

Alberto Trevisan e Sandro Gozzo primi obiettori di coscienza